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Per molto tempo il dolore, il sintomo forse più temuto della
malattia e del ricovero, ha ricevuto nella pratica medica e nella ricerca,
limitata attenzione. E se questo è vero per l'adulto, ancor di
più lo è per il bambino.
Fino a pochi anni fa, infatti, si pensava che il neonato ed il bambino
non provassero dolore con la stessa intensità dell'adulto. False convinzioni, preconcetti
ed equivoci "scientifici" riguardo il dolore ed il suo trattamento, come pure
reali difficoltà di valutazione e scarsità di ricerche e studi,
hanno fatto si che il problema dolore, e di conseguenza le necessità analgesiche
ed anestetiche in età pediatrica e neonatale,, venissero spesso sottovalutate.
(1-2)
Negli ultimi due decenni però, l'interesse nei confronti di questo problema è gradualmente
aumentato:
- Studi anatomici e fisiologici hanno dimostrato che già dalla
24° settimane di gestazione il Sistema Nervoso è anatomicamente
e funzionalmente adeguato per la nocicezione, anzi maggiore sembra
esserne l'eccitabilità per carenza dei sistemi di modulazione
inibitori e per l'alta concentrazione di recettori. Pertanto, quanto
più giovane è il paziente, tanto minore è l'inibizione
(centrale e periferica) al progredire della sensazione dolorosa verso
le strutture centrali e tanto maggiore è quindi, a parità di
stimolo, l'entità di dolore provato. (3-4-5)
- Sono stati confermati anche per il neonato ed il bambino gli effetti
negativi legati al dolore non controllato, effetti che possono compromettere
la prognosi clinica attuale ed a distanza. (6)
- Molti progressi sono stati fatti in ambito dell'algometria: vari
ricercatori hanno messo a disposizione diverse proposte: autovalutative,
fisiologiche e comportamentali (7-8).
- Anche per quanto riguarda l'approccio terapeutico attualmente
si può contare su molteplici presidi: farmacologici, fisici e psicologici.
Molti studi di farmacocinetica e farmacodinamica hanno puntualizzato
indicazioni e limiti all'uso di farmaci antalgici; l'OMS ha stabilito
una scala graduata d'interventi in base alle caratteristiche e all'entità del
dolore; le paure legate alla dipendenza ed alla tolleranza dei farmaci
narcotici sono state ridimensionate; le indicazione all'uso dei FANS
sono state puntualizzate, la positività dell'uso dei farmaci
adiuvanti è stata ormai confermata come pure l'efficacia
di molte tecniche anestesiologiche. (9-10-11)
Oltre a ciò sempre più frequenti sono le segnalazioni
in letteratura riguardo l'efficacia e la validità antalgica anche
in età pediatrica, delle metodiche non farmacologiche (psicologiche
e fisiche).(9)
Questa quindi la situazione: si è certi che il bambino sente
il dolore, è possibile valutare quali e quantitativamente la sensazione
dolorosa e molteplici sono le possibilità terapeutiche a disposizione.
Si può pertanto affermare che attualmente le conoscenze acquisite, anche
se non certamente complete, sono così vaste e consolidate da consentire
una pratica routinaria dell'analgesia anche in ambito pediatrico. Nonostante
ciò, a livello clinico, siamo ancora lontani da una situazione ottimale.
Infatti, numerosi lavori della letteratura hanno dimostrato e dimostrano chiaramente,
che il dolore del bambino continua ad essere oggetto di un'attenzione limitata
ed a essere trattato con una energia molto minore di quella impiegata nell'età adulta.
Il gap fra conoscenza scientifica disponibile e comportamento osservato identifica
un importante deficit di ricaduta della ricerca sulla qualità delle
cure.
Invece, l'ampiezza del “problema dolore” nell'età pediatrica è notevole.
I numeri parlano da soli: si stima che più dell'80% dei ricoveri in
ambiente ospedaliero pediatrico siano dovuti a patologie che comportano, tra
l'altro, anche dolore. Entrando più nello specifico si comprende come
nell'ambito di alcune discipline, quali ad esempio la terapia intensiva pediatrica
e neonatale, la chirurgia, la reumatologia, l'oncologia, il problema controllo
del dolore sia parte integrante dell'approccio quotidiano al bambino malato.
Ancora un esempio per esprimere con i numeri il problema: 130 nuovi casi anno
di neoplasie per milione di bambini di età inferiore a 15 anni. Una
percentuale compresa fra il 50 ed il 57% di questi pazienti presenta nella
loro storia una sintomatologia dolorosa : la percentuale sale al 100% se al
dolore da patologia si aggiunge il dolore da manovre invasive. Altro esempio:
un neonato pretermine presenta una importante quantità di manovre dolorose:
una ogni 45 minuti per neonati di peso < a 800g, una ogni 2 ore per neonati
di peso superiore a 1000g.
Non è certamente facile definire l'approccio
migliore al dolore del bambino: approccio che deve essere in ogni caso
globale, individualizzato ed efficace. In linea generale possiamo definire
alcuni concetti base che devono guidare le scelte terapeutiche e comportamentali:
- Il dolore nella maggior parte dei casi è risultato di molteplici
fattori: la malattia stessa, le procedure e la terapia, la depressione,
l'immobilità.. Diventa pertanto in questa ottica, essenziale
proporre un intervento globale: inteso come un equilibrato compendio
fra metodiche farmacologiche e non. L'obiettivo deve essere quello
di togliere il dolore, ottimizzare il livello di vita del bambino
e minimizzare lo stress e la paura.
- E' importante definire se possibile, l'eziopatogenesi del dolore
(dolore nocicettivo, neuropatico, psichico, misto...), e stabilire
un intervento terapeutico mirato. In ambito farmacologico, la scelta
deve considerare l'entità del dolore e deve propendere per le
metodiche meno invasive, sia come modalità di somministrazione
che come invasività in termini di vita sociale e relazionale.
La prescrizione deve essere eseguita alla dose corretta per l'età del
paziente, con somministrazioni ad orario fisso in modo da evitare l'insorgenza
di "buchi" di dolore. In ambito non farmacologico la scelta del metodo
deve tener conto dell'età del bambino, del tipo di dolore
e delle risorse e competenze disponibili.
- Soprattutto nella gestione del dolore cronico con i bambini
e con la sua famiglia si instaura frequentemente un rapporto interpersonale
molto stretto e talvolta difficile da gestire: é importante
che il programma terapeutico scelto venga presentato e discusso
col bambino (quando possibile) ed i genitori. L'informazione
onesta e chiara sulle scelte terapeutiche e sui probabili risultati,
permette una collaborazione positiva sia nella valutazione del
dolore che nella gestione della fase terapeutica.
- Altro fattore molto importante per l'efficacia di un programma
antalgico è la
necessità di un monitoraggio continuo dell'andamento del
dolore e della risposta ai farmaci: valutazione che prevede oltre
alla definizione delle caratteristiche quali e quantitative del
dolore stesso, anche l'individuazione di tutti quei parametri che
possono modulare in senso negativo l'andamento del sintomo.
- E' necessario inoltre, togliere o limitare il più possibile
il dolore preventivabile: per es dolore da procedura, postoperatorio,
effetti collaterali da farmaci ecc. tamponando così quegli effetti
negativi sia fisici che psichici che aggravano ulteriormente una situazione
di base spesso di per sè pesante.
L'obiettivo è quello di far si che valutazione e controllo del
dolore nelle sue diverse modalità d'intervento, diventino parte
integrante del programma terapeutico e fattore importante nella valutazione
della qualità delle cure.
BIBLIOGRAFIA
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reaction of the infant to pinprick. Child Dev., 9: 31-41.
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10. Schechter N.L. (1991). La clinica pediatrica del Nord America- Dolori
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11. Anand K.J.S., McGrath P. J. (eds) (1993). Pain in neonates. Pain
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12. McLaughlin C.R., Hull J.G., Edwards W.H., Cramer C.P., Dewey W.L.
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